Article ID | Journal | Published Year | Pages | File Type |
---|---|---|---|---|
2756951 | EMC - Anestesia-Rianimazione | 2011 | 8 Pages |
Abstract
La strategia di prevenzione del rischio preoperatorio legato a una patologia cardiovascolare preesistente (ischemia miocardica, valvulopatia, disturbi della conduzione, insufficienza cardiaca) comporta tre tappe successive: il solo esame clinico, quindi, in funzione di questa valutazione e dell'anamnesi che determina il progredire della malattia, è opportuno proseguire con delle indagini cardiache specifiche. La somma dei rischi individuati con la valutazione clinica e, se necessario, con le indagini complementari cardiache permette di determinare la necessità o meno di attuare una strategia terapeutica specifica a ciascun paziente così valutato. Nelle cardiopatie ischemiche, la comparsa di ischemia miocardica perioperatoria è uno dei principali fattori di morbilità postoperatoria. Secondo le raccomandazioni dell'American College of Cardiology e dell'American Heart Association (ACC/AHA) del 1996, riviste nel 2002 e, quindi, nel 2007, tre elementi fondamentali consentono di classificare i pazienti: la gravità dello stress chirurgico, la capacità di effettuare sforzi fisici e i fattori di rischio clinico. Questa prima stratificazione seleziona i pazienti che saranno sottoposti in seguito a indagini cardiache non invasive supplementari nel preoperatorio, rappresentate da: elettrocardiogramma (ECG) a 12 derivazioni, ecocardiografia da sforzo e tomoscintigrafia miocardica. Il beneficio degli esami cardiaci preoperatori resta, tuttavia, difficile da determinare per i pazienti a rischio intermedio (1-2 fattori di rischio), per i quali la strategia di indagini non invasive induce un ritardo nella programmazione chirurgica. L'indicazione agli esami deve essere considerata superflua se non porta a una modificazione della gestione. Per le cardiopatie valvolari, la stratificazione del rischio di complicanze perioperatorie obbedisce alle stesse regole dell'ischemia miocardica e prende in considerazione lo stato clinico del paziente, la sua tolleranza allo sforzo, i suoi precedenti e il rischio dell'intervento chirurgico in se stesso, minore, intermedio o maggiore. Lo strumento di scelta, qualunque sia il tipo di valvulopatia, è l'ecografia cardiaca transtoracica. Essa si integra anche nella valutazione a lungo corso delle valvulopatie. Per i disturbi della conduzione, l'esplorazione preoperatoria si limita generalmente all'elettrocardiogramma di superficie. Esso è, tuttavia, indispensabile, poiché permette, accoppiato all'anamnesi e all'esame obiettivo, di individuare le rare patologie della conduzione che necessitano di una consulenza specialistica e di esami diagnostici prima dell'intervento chirurgico previsto. Nell'insufficienza cardiaca, patologia frequente e grave, la valutazione del rischio di scompenso cardiaco è un preliminare indispensabile nel preoperatorio. Lo stato clinico del paziente e il tipo di intervento chirurgico restano i migliori indicatori di complicanze cardiache perioperatorie. Il dosaggio plasmatico del brain natriuretic peptide (BNP) in fase preoperatoria si potrebbe integrare come un elemento a pieno titolo della stratificazione del rischio, in quanto indicatore di gravità dell'interessamento cardiaco.
Related Topics
Health Sciences
Medicine and Dentistry
Anesthesiology and Pain Medicine
Authors
E. Quénet, D. Huynh, L. Trémelot, J. Marty,