Article ID | Journal | Published Year | Pages | File Type |
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3465173 | EMC - AKOS - Trattato di Medicina | 2008 | 5 Pages |
Abstract
Il termine “convulsione febbrile” raggruppa l'insieme delle manifestazioni convulsive provocate da un'ipertermia nel neonato e nel bambino tra 6 mesi e 6 anni. Si parla di convulsioni febbrili solo se la febbre è l'unico fattore scatenante, a esclusione di ogni altra patologia neurologica o infettiva acuta. Le convulsioni febbrili, nella grande maggioranza dei casi, sono episodi acuti frequenti nella patologia pediatrica, il più delle volte benigne e che spariscono con l'avanzare dell'età senza postumi. Tuttavia, il rischio di sviluppare un'epilessia successiva è superiore a quello della popolazione generale; tra i fattori di rischio che fanno temere un'evoluzione verso un'epilessia è da considerare la natura complessa (crisi a esordio precoce, di lunga durata e che comportano un elemento di focalizzazione) e non semplice della convulsione. Le epilessie che esordiscono di regola con convulsioni febbrili sono la sindrome di Dravet, la sindrome delle epilessie generalizzate con crisi febbrili più (GEFS+) e l'epilessia temporale interna con sclerosi dell'ippocampo. La presenza di fattori genetici nella comparsa delle convulsioni febbrili e nello sviluppo di un'epilessia successiva è ora ben nota. Si tratta di mutazioni che colpiscono i geni che codificano principalmente per delle subunità dei canali del sodio voltaggio-dipendenti, il che pone queste epilessie nel quadro delle canalopatie. Il comportamento da seguire in presenza di una convulsione febbrile dipende dal tipo di convulsione e dal rischio di sviluppare un'epilessia successiva.
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Authors
M. (Neuropédiatre),